«Mio figlio ha 15 anni. È in sedia a rotelle dalla nascita. Non ha problemi cognitivi. Ma ogni mattina deve entrare da solo a scuola, passando dai sotterranei. Ci mette 20 minuti. E io, che sono anch’io disabile, non riesco più a rispondergli quando mi chiede: “Perché io, mamma?”»
Comincia così la lettera di Astrid, una madre che ha deciso di scrivere a Pensieri in Movimento per dare voce a ciò che nessuno vuole vedere. Perché suo figlio, ogni giorno, vive una forma di esclusione silenziosa. Invisibile. Ma profondamente ingiusta.
La promessa dell’inclusione e la realtà dei sotterranei
A settembre 2024 ha iniziato la prima liceo in un istituto della provincia di Torino. Tutti erano stati informati della sua condizione. C’erano stati incontri, documenti, rassicurazioni.
«La scuola è accessibile».
«Tutto è pronto per accogliervi».
Ma erano solo parole.
La verità è che le pedane per disabili non funzionano da dodici anni. Dodici anni. Mai riparate. Mai sostituite. E così ogni mattina questo ragazzo deve compiere un percorso lunghissimo, passando da sotterranei, da solo, per poter raggiungere l’aula.
Escluso anche dalla ricreazione
Non può accedere al cortile con i compagni. Durante la ricreazione, resta dentro. Quando devono andare in auditorium, viene fatto passare in mezzo a spazzatura ed erbacce. Come se non esistesse. Come se fosse un problema da nascondere, e non un ragazzo con il pieno diritto di vivere la scuola come tutti gli altri.
Il silenzio delle istituzioni
Astrid, anche lei in sedia a rotelle in seguito a un’infezione, ha scritto al Comune, alla scuola, a chiunque potesse fare qualcosa. Ma non ha ricevuto alcuna risposta. Nessun segnale. Nessuna attenzione.
«Mio figlio capisce tutto. E purtroppo — sì, purtroppo — mi è stato detto che sarebbe stato meglio se non avesse capito. Così non soffrirebbe. Ma lui capisce. E ogni giorno torna a casa con un pezzo di dignità in meno.»
Non una richiesta. Un diritto.
Quello che Astrid chiede non è compassione. È rispetto. È applicazione della legge. È garanzia di un diritto fondamentale: quello allo studio in un ambiente accessibile, sicuro e dignitoso.
La Costituzione Italiana e la Legge 104 parlano chiaro: ogni istituto scolastico deve essere accessibile, privo di barriere architettoniche. Le amministrazioni hanno il dovere di intervenire. Le promesse non bastano. Servono azioni.
Questa non è inclusione. È esclusione.
Questa non è inclusione. È esclusione istituzionalizzata. Sistemica. E fa male. Fa male soprattutto a chi, come questo ragazzo, vorrebbe solo sentirsi parte della classe, parte del gruppo, parte del mondo.
Una madre che cammina anche senza gambe
«Io, da madre, anche senza gambe, continuerò a camminare per lui. Perché nessuno tocchi più la sua dignità. Perché non venga più lasciato solo. Perché questa storia non venga ignorata, come troppe altre.»
Facciamoci sentire. Tutti.
Noi non possiamo ignorarla. Non dobbiamo. Perché ogni ragazzo ha diritto a un’istruzione piena, libera, accessibile. E ogni madre ha il diritto di sapere che suo figlio non sarà più trattato come invisibile.
Condividiamo questa storia. Facciamola girare. Facciamoci sentire. Perché non si tratta solo di una scuola. Si tratta di giustizia. Di umanità. Di civiltà.
E perché la voce di Astrid, oggi, è la voce di tutte le madri che camminano — anche senza gambe — per difendere i diritti dei propri figli.
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